Colo-proctologica
Colo-proctologica
FISTOLA
Una fistola anale è costituita da un ulcera cilindrica, da un orifizio esterno nella cute pe rianale e da un orifizio interno nell’anoretto , generalmente in una cripta a livello della linea dentata. Queste fistole possono essere veramente complesse, con ramificazioni multiple. Una fistola anale dovrebbe essere considerata come una forma cronica di infezione della regione anale, mentre gli ascessi ne rappresentano le forme acute. Come gli ascessi, la maggior parte delle fistole sono di origine cripto ghiandolare.
È impossibile comprendere o curare le fistole anali senza una adeguata conoscenza dell’anatomia della regione anale. È importante stabilire i rapporti della fistola con l’anello anorettale, che segna il passaggio fra il canale anale e il retto e che è formato dal muscolo puborettale. Le fistole che passano attraverso o al di sopra dell’anello rettale sono estremamente difficili da trattare . La resezione del puborettale causerà spesso una grave incontinenza anale. La resezione di fibre muscolari distalmente all’’anello anorettale può portare in alcuni casi ad una incontinenza di grado lieve o moderato, specie nei pazienti anziani con muscolatura debole.
In circa 1’80%, delle fistole anali, l’apertura interna viene trovata a livello della linea dentata, in genere posteriormente. Come già detto, l’infezione può propagarsi in tre direzioni: verticalmente, verso l’alto o il basso, radialmente o orizzontalmente.
Tipologia
Si origina la forma più comune di fistola intersfinterica nel caso in cui il tragitto fistoloso corra distalmente da una infezione delle ghiandole anali verso lo spazio intersfinterico, venendo così a trovarsi distalmente alla linea dentata. L’orifizio esterno si trova nella cute perianale a 0,5-2 cm dall’ano.
Se l’infezione si propaga radialmente dal focolaio primitivo nello spazio intersfinterico e attraversa lo sfintere anale esterno, raggiungerà la fossa ischiorettale. L’infezione può, in molti casi, propagarsi verticalmente verso il basso con un orifizio esterno nella cute a 2-3 cm dall’ano. Una fistola transfinterica con una diramazione alta a fondo cieco (diffusione verticale verso l’alto) viene conside rata da Goligher come una fistola anorettale poiché può essere palpata come un indurimento nell’apice del retto sopra l’anello anorettale.
Si presentano molto raramente. La fistola inizia nello spazio intersfinterico e passa verso l’alto sopra l’elevatore dell’ano. Da qui procede lateralmente sopra al muscolo e quindi verso il basso fra il pubo rettale e il muscolo elevatore verso la fossa ischiorettale.
Sono anch’esse molto rare ed in realtà non devono essere considerate come anali dal momento che non hanno comunicazioni con il canale anale.
Dettagli
Prima che si formasse la fistola, i pazienti hanno avuto generalmente una rottura spontanea di un ascesso o sono stati in precedenza trattati per un ascesso anale. Il sintomo principale della fistola anale è l’emissione intermittente o costante di pus, sangue o muco. A causa di tali emissioni, il prurito anale è un sintomo comune a causa delle emissioni. In genere non si ha dolore, tranne nei casi in cui si ostruisca l’orifizio e si formi un ascesso.
L’esame dovrebbe sempre includere: ispezione della regione anale, palpazione, esplorazione rettale, proctoscopia e sondaggio della fistola. L’ispezione della regione permetterà di evidenziare orifizi esterni della fistola.
Il trattamento della fistola anale è chirurgico. In molti casi è una pratica che richiede grande esperienza e una profonda conoscenza dell’anatomia della regione anale. L’intervento può causare gravi complicazioni, quale l’incontinenza anale di grado severo Fistole intersfinteriche: La fistola di gran lunga più comune è la intersfinterica bassa, che è anche la più facilmente trattabile..Fistole transfinteriche: La maggior parte delle fistole passano attraverso lo sfintere anale esterno a livello della linea dentata, e pertanto possono essere curate praticando una incisione al di sopra di una sonda, con resezione delle estremità distale dello sfintere anale interno ed esterno.Se il tragitto fistoloso passa attraverso lo sfintere anale esterno ad un livello più alto sempre, tuttavia, sotto al muscolo puborettale, può essere necessario resecare la parte più grossa dello sfintere anale esterno.
Nel trattamento delle fistole anali, risulta difficile definire esattamente in tutti i casi dell’entità della fistulotomia. In certi casi, in cui non si desidera inizialmente resecare la totalità della muscolatura coinvolta, si può utilizzare il Setone, che consiste di una sutura di seta grossa o nailon. La legatura causa fibrosi della muscolatura attorno alla sutura, cosicché il muscolo non rimane aperto in seguito ad una resezione successiva. Inoltre, fattore ancora più importante, questa sutura funziona da drenaggio per la ferita anale, che guarisce lentamente attorno alla legatura di Seton. La sutura dovrebbe rimanere posizionata per un lungo periodo, 10-14 settimane, tempo nel quale la ferita anale sarà guarita nella maggior parte dei casi e la sutura potrà essere rimossa.
Da questi cenni si evince che il trattamento delle fistole anali può ed è estremamente complesso e le sequele a lungo termine possono essere molto gravi. Partendo da questi presupposti sono stati ricercati trattamenti alternativi.
- Anorectal advancement flap
- LIFT
- VAAFT
- Colla di fibrina
- Utilizzo di fibre laser
- Protesi Biologiche
La letteratura sul trattamento delle fistole perianali con colla di fibrina è estesa, ma non offre risultati univoci né completamente soddisfacenti. Più recentemente si è effettuata una serie di esperienze abbastanza incoraggianti con l’uso di plug collagenici o di origine porcina.
Il plug di matrice extracellulare costituisce l’impalcatura di sostegno tridimensionale ove i fibroblasti, richiamati e stimolati nella crescita dai fattori tissutali, trovano il giusto “terreno” per una rapida azione fibrotizzante e neoangiogenetica, potenziando e velocizzando il processo di guarigione della lesione fistolosa.
Il plug ricavato dalla sottomucosa dell’intestino del maiale è trattato in modo da renderla acellulare e garantirne la biocompatibilità. Funziona da sostegno per la riparazione da parte del tessuto del paziente. I tassi di guarigione inizialmente segnalati molto buoni, attualmente sono stati ridimensionati (< 50%).
Altro presidio, recentemente introdotto ma che si presenta molto promettente per le fistole complesse è una pasta a base di matrice di collagene acellulare sterile e cross-linked che deriva da derma porcino. Questo prodotto, biocompatibile, agisce inducendo una incorporazione e rimodellamento nel tessuto ospite con conseguente riparazione ed integrazione funzionale e naturale.Il preparato, sotto forma di pasta presenta un agevole utilizzo e permette di raggiungere, in determinate condizioni, anche tramiti fistolosi satelliti per cui l’utilizzo sembra esserne promettente.
- A prospective, multicentre observational study of Permacol™ collagen paste for anorectal fistula: preliminary results.
Giordano P et. Al., Colorectal Dis. 2015 Sep 10. doi: 10.1111/codi.13112. - The anal fistula plug versus the mucosal advancement flap for the treatment of anorectal fistula (PLUG trial).
van Koperen PJ et Al., BMC Surg. 2008 Jun 23;8:11. doi: 10.1186/1471-2482-8-11. - Bioabsorbable synthetic plug in the treatment of anal fistulas.
Heydari A et Al. Dis Colon Rectum. 2013 Jun;56(6):774-9. doi: 10.1097/DCR.0b013e3182839824.
PROLASSO RETTALE
Maggiore incidenza nelle fasce di età avanzata con maggior incidenza nel sesso femminile (80-90 % dei casi). Dopo i cinquant’ anni le donne hanno un rischio maggiore rispetto agli uomini di sviluppare un prolasso rettale.
Dettagli
Le cause che determinano il prolasso non sono del tutto chiarite. Lo sforzo defecatorio cronico ne rappresenta sicuramente un fattore favorente così come il cedimento del pavimento pelvico o dei legamenti laterali del retto. In un terzo dei pazienti il prolasso rettale è associato a concomitanti disordini del pavimento pelvico che interessano il compartimento anteriore o medio (cistocele, colpocele). In questi casi fattori predisponenti sono i traumi ostetrici, la chirurgia pelvica, l’elevata pressione endo-addominale e la costipazione cronica.
La maggior parte dei pazienti affetti da prolasso rettale riferisce incontinenza mentre la restante parte stipsi ingravescente. I pazienti riferiscono la presenza di una massa che protrude dall’ ano durante la defecazione e che devono riposizionare all’ interno al termine di essa. Tenesmo, sanguinamento anale e secrezione mucosa (soiling) sono sintomi spesso presenti. Il 35% dei pazienti presenta incontinenza urinaria e, nelle donne, il 15 % dei casi è associato ad un prolasso vaginale. Talvolta il prolasso è doloroso e può manifestarsi come un’emergenza, con strozzamento o rottura. D’altro canto, talvolta il soggetto è del tutto inconsapevole del prolasso stesso, che può essere scoperto durante l’esame obiettivo di routine.
Il trattamento chirurgico mira a restaurare l’ anatomia e la fisiologia correggendo il prolasso e di migliorare l’ incontinenza o la costipazione tramite interventi gravati da una mortalità e da un tasso di recidiva accettabili. Non esiste, per questo, nessuna tecnica universale e infallibile, in quanto il prolasso rettale è una sindrome che riunisce delle entità anatomocliniche di patogenesi differente.
Nel corso degli anni sono stati messi a punto numerose tecniche chirurgiche per il trattamento del prolasso del retto: approccio per via perineale, per via transanale e per via addominale.
Le tecniche perineali più usate sono la proctosigmoidectomia e l’ intervento sec. Delorme. Queste procedure chirurgiche sono in genere riservate a pazienti in età avanzata e sono associate ad un tasso di recidiva più alta rispetto alle tecniche tradizionali ed una percentuale di complicanze più elevata.
Nella maggioranza dei casi gli approcci addominali consistono nella mobilizzazione del retto e sono associati a rettopessi o resezione sigmoidea con rettopessi. Gli approcci addominali offrono il beneficio della preservazione delle funzioni del reservoir rettale, un basso indice di recidiva e netto miglioramento dei sintomi e della funzionalità intestinali. E’ stato dimostrato che, l’approccio laparoscopico per il trattamento del prolasso rettale, può essere sicuro ed efficace.Tra le varie tecniche proposte ed effettuate D’Hoore et al. hanno descritto una tecnica nuova di rettopessi anteriore in laparoscopia, per il trattamento del prolasso totale del retto che evita la mobilizzazione postero laterale, includendo il posizionamento di materiale protesico anteriormente al retto che sempre più spesso è di origine biologiche, minimizzando le complicanze legate all’utilizzo del materiale protesico standard.
Ogni chirurgo deve disporre di più tecniche chirurgiche: rettopessi addominale, se possibile laparoscopica, dai risultati funzionali noti, e di almeno due tecniche perineali, che permettono di scegliere il trattamento più idoneo per ogni prolasso e per ogni paziente.
RETTOCELE
Il rettocele è una condizione molto frequente nella popolazione femminile. Viene definito come erniazione della parete anteriore del retto attraverso il setto rettovaginale, in genere associata ad alterazioni anatomiche e funzionali riguardanti tutti i restanti segmenti pelvici. Le manifestazioni cliniche sono estremamente variabili e la decisione di un’ opzione chirurgica si basa su un completo studio clinico pelviperineale e su uno studio funzionale che si fonda sulla valutazione radiologica anorettale (defecografia con opacizzazione delle anse del tenue o imaging defecatorio con RMN), sulla manometria anorettale e sullo studio urodinamico. La correzione dei rettoceli avviene preferenzialmente per via inferiore, perineale. La via transanale tradizionale (Sullivan, Khubchandani) permette di eseguire la plicatura endoluminale della muscolare rettale e una resezione della mucosa rettale distesa dal rettocele. Essa tende a essere sostituita dalle tecniche di resezione rettale transanale con suturatrici (STARR e trans-STARR) (Longo). La via perineovaginale permette di accedere al rettocele dalla sua faccia esterna: la confezione di «borse di tabacco» concentriche e la rimessa in tensione della fascia rettale lo riducono; una miorrafia dei muscoli elevatori dell’ano con conservazione del calibro vaginale rinforzerà la riparazione e rimetterà in tensione il pavimento pelvico. La sospensione vaginale al legamento sacrospinoso (Richter) completa spesso utilmente l’insieme dell’intervento chirurgico.
L’impiego di protesi biologiche di rinforzo del setto rettovaginale per via perineale è oggetto di controversia I risultati funzionali, complessivamente buoni, restano però dipendenti dal contesto clinico e dalla scelta dell’indicazione chirurgica.
Dettagli
Il trattamento chirurgico è indicato in presenza di qualsiasi rettocele sintomatico e quando la riabilitazione mediante biofeedback di un asincronismo addominosfinteriale e il trattamento medico della costipazione non abbiano corretto l’alterazione funzionale. In assenza di fattori predittivi del risultato operatorio il paziente dovrà essere informato del rischio di correzione incompleta dei sintomi o di insuccesso. Le anomalie associate della statica pelvica dovranno essere identificate al momento della presa in carico del rettocele e dovranno essere trattate contemporaneamente.
- Functional outcome after transperineal rectocele repair with porcine dermal collagen implant.
Smart NJ et Al. Dis Colon Rectum. 2007 Sep;50(9):1422-7. - Functional and anatomic outcome after transvaginal rectocele repair using collagen mesh: a prospective study.
Altman D et Al.Dis Colon Rectum. 2005 Jun;48(6):1233-41; discussion 1241-2; author reply 1242. - A three-year prospective assessment of rectocele repair using porcine xenograft.
Altman D et. Al Obstet Gynecol. 2006 Jan;107(1):59-65.
LA STIPSI
La stipsi cronica è una patologia caratterizzata da un quadro molto complesso, non solo in termini di gravità dei disturbi e inefficacia delle opzioni terapeutiche disponibili ma anche delle pesanti ripercussioni sulla qualità di vita dei pazienti. . La stipsi cronica colpisce il 15-20 per cento della popolazione italiana e, nell’80 per cento dei casi, si tratta di donne.
Dettagli
Quando la stipsi cronica non ha origine da cause organiche, farmacologiche o metaboliche, si parla di stipsi funzionale, condizione che può presentare una genesi complessa. Per la diagnosi di stipsi cronica funzionale devono essere soddisfatte tre condizioni, presenti per almeno tre mesi, con esordio da almeno sei mesi prima della diagnosi:
- Presenza di almeno due dei seguenti sintomi in almeno 1/4 delle evacuazioni:
- sforzo
- feci piccole e dure
- sensazione di evacuazione incompleta
- sensazione di ostruzione ano-rettale
- necessità di manovre manuali (digitazione, sostegno del pavimento pelvico)
- meno di tre evacuazioni a settimana.
Nella stipsi cronica, l’approccio terapeutico tradizionale si basa sull’assunzione di un regime alimentare adeguato, sulla modifica degli stili di vita (regolare attività fisica) in associazione all’uso di lassativi. Attualmente solo 1 paziente su 5 è soddisfatto della terapia in atto, sia in termini di capacità del farmaco di prevenire/curare la stipsi, sia di alleviarne i sintomi. L’offerta terapeutica è limitata ai lassativi che, oltre a dare molti effetti collaterali, necessitano spesso di essere cambiati perché inefficaci; inoltre sono in grado di migliorare solo la frequenza delle evacuazioni, aumentandola, ma non migliorano il sintomo doloroso e gli altri sintomi intestinali quali il gonfiore, la pesantezza e la sensazione di evacuazione incompleta. In casi selezionati l’unica opzione terapeutica disponibile è quella chirurgica.
L’idea di utilizzare delle reti di rinforzo per la chirurgia del proctologica deriva dall’osservazione che le riparazioni delle ernie addominali con un rete avevano tassi di guarigione molto più alti. Gli interventi chirurgici che non utilizzano reti utilizzano dei tessuti deboli per riparare un tessuto indebolito che ha prolassato ciò espone ad elevati tassi di recidiva. In questi anni si sono diffuse diverse tecniche che prevodono l’utilizzo di materiale protesico; Le reti biologiche rappresentano un ulteriore evoluzione nella chirurgia protesica i quanto prevengono il rischio di complicanze legate all’utilizzo del materiale sintetico e che presentano alti tassi di complicanze quali emorragie, lesioni vescicali, lesioni nervose, e recidive.